dice il cliente

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Ma quanto vale?

Ma quanto vale?

2019-02-25

Domanda che sembrerebbe di facilissima risposta dal momento che esistono per tale funzione diversi cataloghi. Ma così non è perché le quotazioni riportate non derivano dalla registrazione asettica di reali transazioni commerciali bensì ad una ipotetica valutazione spesso finalizzata a dirigere il collezionista verso settori specifici a vantaggio dei circuiti mercantili che ne sponsorizzano, quando non ne posseggono la proprietà, la pubblicazione e la diffusione. Ne deriva una sostanziale disparità di quotazioni, a secondo che questo o quel circuito commerciale ritiene essere utile per il proprio tornaconto, che lascia perplesso il collezionista. Inaffidabili dunque i cataloghi, ci si può rivolgere ai listini di vendita i cui prezzi riportano il valore dell’oggetto però comprensivo del profitto del venditore. Dunque l’acquirente conosce quanto paga ma non quanto effettivamente vale l’oggetto dal momento che il guadagno del venditore gli è del tutto ignoto.

E allora?

Allora occorre tenere presente che il reale valore di un oggetto equivale, per colui che lo possiede, al prezzo che riesce a spuntare al momento della vendita e, di conseguenza, necessario identificare il prezzo medio di acquisto.

 

Come?

Tempo addietro venivano pubblicati listini d’acquisto che, pur se non scevri da manipolazioni interessate, potevano dare utili indicazioni ma oggi conoscere un prezzo d’acquisto è praticamente più difficile che accedere a segreti militari. Rimane, per avere un riferimento realistico, l'"asta" come punto d’incontro tra offerente ed acquirente tenendo presente che entrambe le parti devono versare “diritti” (variabili ma, in genere, superiori al 20%+ IVA).

Un esempio: il Gronchi rosa, ovvero il francobollo più famoso del periodo Repubblica, presente in più esemplari nell’asta Bolaffi dell’ottobre 2018 ha spuntato da 275€ a 350€ a secondo margini, centratura, ecc… mentre una quartina angolo foglio è sta ceduta alla base, 1500€. Questi i reali valori? No di certo perché il venditore ha dovuto sborsare almeno un 20% di diritti d’asta per cui nel migliore dei casi l’esemplare esitato a 350€ ha difatti prodotto al proprietario un introito di circa 280€ e per la quartina circa 1200€.

 

Sono questi i reali valori degli esemplari in esame che il collezionista con un occhio al proprio denaro deve tenere presente al momento dell’acquisto e non certamente la quotazione di catalogo (3000€) oppure il prezzo dei listini di vendita (500/600€) presentati come scontati rispetto a presunte valutazioni commerciali. Di scarsa incidenza le offerte su piattaforme on line perché se proveniente da commercianti riportano i normali prezzi di vendita al dettaglio mentre se di privati posso risultare alquanto inferiori ma con tutti i rischi che ne possano derivare dal ricevere esemplare falso o con difetti non evidenziati o peggio e, purtroppo, con scarsissime possibilità di recupero.

Allora come uscire da una siffatta situazione? Rivolgendosi ad un commerciante che non si limita a vendere ma svolga la funzione di consulenza (in ordine a tipologia della collezione, validità del materiale, costi da sopportare ecc…) e, soprattutto, per gli esemplari di un qualche rilievo finanziario dichiari il proprio prezzo d’acquisto così che l’acquirente abbia cognizione del reale valore.

 

In definitiva occorrerebbe chiarezza perché l’incertezza genera il dubbio che allontana il collezionista raziocinante indirizzandolo verso altri lidi meno insidiosi. Occorre ritornare alla strategia del commerciante che seguiva il collezionista intessendo rapporti anche oltre la sfera mercantile ma, ovviamente, con metodologie dei nostri tempi che peraltro consentono una vicinanza spazio-temporale in passato impossibile.

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