1870 Roma Capitale - Cronaca di un mito
di C. Criscuolo
Il regno di Sardegna, annessi i ducati per mezzo di plebisciti locali e trasformatosi nominalmente (1) in Regno d’Italia il 17 marzo del 1861, si ritrova nel 1870, dopo aver acquisito per mezzo della Francia nel 1866 il Veneto dall’Austria a seguito della sconfitta inflittagli dalla Prussia alleata dell’Italia (2), a dover risolvere l’annoso problema di Roma. La città è ancora governata dal papa/re Pio IX protetto dalle armi francesi che hanno contribuito sostanzialmente nel 1867 alla sconfitta di Garibaldi a Mentana sventando un colpo di mano, verosimilmente supportato dal governo italiano (3), finalizzato ad occupare la città (4) perché divenisse capitale del nuovo Stato. Tentativi di vario tipo, diplomatici alla luce del sole per giungere ad un accordo e sotterranei per fomentare una insurrezione a giustificazione di un intervento armato, non ottengono i risultai sperati (5). Occorre attendere il momento propizio. L’occasione si presenta nell’agosto del 1870 quando l’andamento sfavorevole per la Francia, in guerra dal 19 luglio contro la Prussia, costringe Napoleone III a richiamare le truppe stanziate a Roma per contrastare una irresistibile avanzata nemica che minaccia direttamente il suolo francese. Molto probabile, ma comunque non certa, la vittoria prussiana per cui il governo italiano si prepara all’invasione del territorio pontificio ma “cautamente”, ovvero pronto a cambiare rotta nel caso di mutamenti “atmosferici”. Non è la prima volta e non sarà l’ultima. Peraltro Napoleone III, già risentito per il mancato aiuto italiano in contraccambio del contributo francese nella campagna del 1859 contro l’Austria (6) e assicurato sulla volontà di non invadere lo Stato pontificio (7) nel caso che il conflitto si fosse risolto a suo vantaggio o, comunque che fosse politicamente sopravvissuto agli eventi, avrebbe certamente non gradito un’azione configurabile come non rispetto di patti.
FIG. 1 – Busta con effigie VITT. EM. c. 20 da Cagliari SUCC.LE AL PORTO 16 AGO 70 diretta ad Alessandro de Bianchi “Capitano Istruttore al Tribunale Militare di FIRENZE” e recapitata il 18 per cui l’ufficiale è ancora di stanza nella capitale.
Dunque a Firenze, capitale del “neonato” Regno d’Italia dal 1865 (8) (Fig. 1), in attesa di essere certi sulla direzione del vento, si prepara da fine luglio una forza d’invasione poi denominata “corpo d'esercito d'osservazione nell'Italia centrale” (Fig. 2 - 3), forte di 60mila uomini, pronta il 17 agosto a muovere in direzione Roma agli ordini del Gen. R. Cadorna con la dichiarata finalità di salvaguardare le frontiere pontificie da bande armate che tentassero di penetrarvi (9).
FIG. 2 – Busta con effigie VITT. EM. c. 20 da Firenze 22 AGO 70 diretta ad Alessandro de Bianchi “Capitano Istruttore al Tribunale del Corpo d’Esercito d’osservazione nell’Italia Centrale / SPOLETO” ove giunge il 23, giorno in cui viene istituito in tale località il tribunale militare organo cui è demandata l’applicazione della normativa di guerra per cui chiara la volontà del Governo sulla reale finalità del Corpo di spedizione.
FIG. 3 – Busta con effigie VITT. EM. c. 20 da Firenze 29 AGO 70 diretta ad “Alessandro de Bianchi / Capitano Istruttore al Tribunale del Corpo d’Esercito d’osservazione nell’Italia Centrale / SPOLETO” ove giunge il giorno seguente.
La sconfitta delle truppe francesi a Sedan il 2 settembre, la resa di Napoleone catturato, l’assedio di Parigi e la caduta dell’impero con proclamazione il 4 settembre della III Repubblica (10) (Fig. 4) offrono alle mire italiane uno Stato pontificio del tutto indifeso. Possibile dunque ufficializzare il 5 settembre la reale finalità di occupare Roma con delibera parlamentare comunicata alle Cancellerie europee garantendo però l’indipendenza del papa (Fig. 5).
FIG. 4 – Busta con effigie VITT. EM. c. 20 da Spoleto 4 SET 70 diretta a Clotilde de Bianchi a Firenze dove giunge il giorno seguente a mezzo posta civile non essendo ancora funzionante la Posta militare che inizierà il servizio dal 12 settembre. Destinataria certamente familiare del Cap. Alessandro de’ Bianchi al seguito del Corpo d’osservazione allora accampato nella città umbra.
FIG. 5 – Busta con effigie VITT.EM. c. 20 da Firenze 5 SET 70 diretta ad “Alessandro de Bianchi / Capitano Istruttore al Tribunale del Corpo d’Esercito d’osservazione nell’Italia Centrale / SPOLETO” ove giunge il giorno seguente.
Comunque si attende (Fig. 6) finchè si è certi della volontà delle potenze d'Europa per un non intervento a sostegno a sostegno del papa, che può così contare esclusivamente sui 13mila uomini sia militari che volontari.
FIG. 6 – Busta con effigie VITT.EM. c. 20 da Firenze 7 SET 70 diretta ad “Alessandro de Bianchi / Capitano Istruttore al Tribunale del Corpo d’Esercito d’osservazione nell’Italia Centrale / TERNI” ove giunge il giorno seguente.
Solo allora il Governo autorizza l’11 settembre la modifica della nominale finalità di “osservazione” con quella reale di forza d’attacco denominata “IV corpo d’ esercito” (11). Intanto il 9 settembre (Fig. 7) Vittorio Emanuele, che il giorno innanzi ha scritto, con affetto di figlio, a Pio IX perché autorizzi l’entrata delle truppe per “la sicurezza di Vostra santità e pel mantenimento dell’ordine” minacciato dal “partito della rivoluzione cosmopolita”, deve prendere atto del rigetto di Pio IX che, con cortese fermezza, assicura che avrebbe pregato Dio affinché “liberi il re di ogni pericolo”. La marcia verso Roma in una guerra mai dichiarata e contro un esercito cui è stato ordinato, onde evitare spargimento di sangue fratricida, di arrendersi ai primi colpi di cannone, non è caratterizzata da fatti d’armi significativi e di nessuna rilevanza la presa da parte di due Divisioni di Civita Castellana difesa da due sole Compagnie (12) (Fig.8) nel percorso senza ulteriori ostacoli verso Nepi, Monterosi, La Storta e Roma.
FIG. 7 – Busta con effigie VITT.EM. c. 20 da Firenze 9 SET 70 diretta ad Alessandro de Bianchi “Capitano Istruttore al Tribunale del Corpo d’Esercito d’osservazione nell’Italia Centrale / TERNI” dove giunge il giorno seguente.
FIG. 8 – Busta con effigie VITT.EM. c. 20 da Firenze 16 SET 70 diretta ad Alessandro de Bianchi “Capitano Istruttore del Tribunale Militare del Corpo d’Esercito in / CIVITA CASTELLANA” dove perviene il giorno seguente.
Cadorna, procedendo lungo la Cassia, giunge il 15 settembre con tre Divisioni alla Tomba di Nerone e, gettati nuovi ponti in luogo di quelli tagliati dai papalini, raggiunge i ponti Salaria e Nomentana. Due giorni dopo da Firenze giunge l’ordine di procedere per cui si mobilitano anche la divisione di D. Angioletti già sul confine napoletano e quella al comando di N. Bixio proveniente da Civitavecchia dove la guarnigione si è arresa senza combattere (14). Una imponente forza d’attacco, al cui seguito per le più svariate ragioni di cui certamente validissima per tutti l’essere presente in un momento storico cruciale (15), si appresta il giorno 20 ad assalire una città dalle impossibili strutture difensive (16) e con truppe che hanno l’ordine di una difesa puramente formale così da motivare al mondo una subita aggressione (17). Difatti alle cinque del mattino inizia il cannoneggiamento producendo un varco attraversato, verso le nove, dalle truppe italiane mentre all’incirca un’ora dopo si arrendono i pontifici. Cinque ore per il mito della “breccia di porta Pia”!!! (18). Al tramonto tutta Roma, con l'eccezione della Città Leonina come predisposto perché sede del pontefice, è occupata dagli italiani. (19). Il 9 ottobre, a seguito del Plebiscito che il 2 precedente vota a stragrande maggioranza per l’unificazione (20), il Lazio viene annesso al Regno d’Italia (Fig. 9) (21) mentre il 3 febbraio 1871 il Parlamento delibera il trasferimento della capitale da Firenze a Roma (22). Inizia quella “questione romana” che si concluderà nel 1929 con la cosiddetta “conciliazione”.
FIG.9 – Busta con effigie VITT.EM. c. 20 da Firenze 9 OTT 70, giorno di annessione del Lazio al regno d’Italia, diretta ad Alessandro de Bianchi “Capitano Istruttore al Tribunale Militare quarto corpo d’Esercito (Cadorna) quartier generale Principale / Roma”, dove giunge il giorno seguente.
La storia è sempre inizialmente scritta dai vincitori, per cui quasi mai obiettiva, ma lo diventa con il tempo che decanta delle motivazioni più o meno giustificative la narrazione iniziale degli avvenimenti così che questi assumono le caratteristiche, per quanto possibile, della verità.
La Storia Postale documenta la fatidica giornata proponendoci 3 lettere partite il 20 settembre (23) certamente nel pomeriggio una volta ripristinata la calma o comunque dopo la resa dei soldati pontifici dovendosi altrimenti ipotizzare il funzionamento degli uffici postali durante le ore antimeridiane come una qualsiasi tranquilla giornata. Di particolare importanza storica quella affrancata con c. 20 d’Italia per il contenuto che riporta “Cara Rosina / Entrati oggi alle 10 ante a Roma / dopo un combattimento di 5 ore. / Ti scrivo dunque sono vivo, / e sto bene. Abbiamo avuto poche / ma dolorose perdite. / Noi siamo entrati dalla / breccia aperta, in vicinanza / di Porta Salara, dalla nostra / artiglieria…”. Dunque quel 20 settembre il servizio postale civile è certamente attivo (24) per l’inoltro e molto probabilmente per la ricezione (25) in zone già occupate essendo il ripristino considerato dagli italiani, come documentato, di capitale importanza. Una busta inviata il 19 settembre da Firenze diretta a STORTA / STATO ROMANO (26) (Fig. 10) lascia ipotizzare l’arrivo a LA STORTA, territorio periferico di Roma occupato da diversi giorni, il 20 settembre.
FIG. 10 – Busta da Firenze 19 SET 70 diretta ad Alessandro de Bianchi “Capitano Istruttore al Tribunale del Corpo d’Esercito a / STORTA / STATO ROMANO senza timbro di arrivo ma, considerato che tutte le buste dirette allo stesso destinatario sono giunte il giorno seguente e che il servizio postale era riattivato quanto più celermente possibile nelle zone occupate, non peregrina l’ipotesi che questa sia pervenuta a STORTA già occupata da giorni il 20 come ipotizzato da A. BOLAFFI che ne attesta l’autenticità.
Tralascio i dubbi che gli avvenimenti storico-militari suggeriscono in merito alla visione propinata sulla “breccia” sin dall’indomani mentre, da collezionista di documenti storico-postali, credo che la busta (Fig. 11), contenente la lettera alla Rosina, affrancata con valore italiano annullato da timbro di Posta Militare e riportante a vuoto il timbro di ufficio postale pontificio, non rientri nel comparto della Posta Militare italiana, come ritenuto da alcuni esperti evidentemente sulla base dell’annullamento, ma debba inserirsi nel settore della Posta Civile pontificia che di fatto effettua l’inoltro a destinazione non potendosi altrimenti giustificare l’apposizione del timbro a vuoto. La timbratura italiana è da ritenersi formale non potendosi consentire, per ovvi motivi, l’obliterazione pontificia sull’effigie di re italiano, e non potendosi procedere diversamente essendo i valori postali italiani non validi sul territorio di fatto occupato ma ancora pontificio (26). Dunque da ritenersi l’oggetto postale più rappresentativo di quel momento perché documenta con affrancatura e annulli la coesistenza dei due poteri e, con il contenuto, una panoramica degli avvenimenti militari salienti della giornata.
FIG. 11 – Busta da Roma 20 SET 70 diretta a Iesi contenente la missiva intestata “Cara Rosina” (Vd. Fig. 10). Affrancata con effigie Vitt. Em. c. 20 annullo della Posta Militare XI Divisione, riporta a vuoto il timbro civile a data ROMA 20 SET 70. (B. Carobene -1870 Roma Italiana in: The Postal Gazette nn.7/8 Nov./Dic. 2007).
E mi fermo per non tediare oltremodo il lettore ma non prima di un sentito ringraziamento alla Dott.ssa Valentina Massa, titolare di PHILASERVICE, per avermi consentito di visionare e autorizzato a pubblicare le buste di sua proprietà dalla cui analisi è scaturito l’articolo proposto.
Note:
- Vittorio Emanuele restò II come re d’Italia a testimoniare la continuità del regno di Sardegna espanso alla quasi intera penisola e, in tale concezione savoiarda, la numerazione delle legislature seguì quella sarda. Difatti alla VII legislatura del regno di Sardegna (2 aprile / 17 dicembre 1860) che decretò Vittorio Emanuele II re d’Italia seguì l’VIII del regno d’Italia (18 febbraio 1861 / 7 settembre 1865) (Regio decreto legge n. 4570, 3 gennaio 1861).
- L’Italia, sconfitta dagli austriaci sulla terraferma a Custoza e sul mare a Lissa, dovette accettare le condizioni stabilite dalla Prussia con l’Austria sconfitta a Sadowa ricevendo in cessione il Veneto non direttamente bensì attraverso la Francia. Garibaldi, unico comandate ad aver conseguito successi durante il conflitto, rilevò che i Veneti non si erano, come ci si aspettava, sollevati e che parecchi trentini avevano militato nell’esercito austriaco contro l’Italia (D. Mack Smith – Storia D’Italia 1861 -1969 – Laterza).
- Garibaldi asserì, sconfessato, essere stato incitato dal Governo, che aveva permesso il reclutamento “spontaneo” di volontari equipaggiati con armi talvolta di provenienza governativa, ad invadere lo Stato pontificio in modo da fornire il pretesto per intervenire e “restaurare l’ordine” (D. Mack Smith – op. cit. pag.141).
- Alberto Manca dell'Asinara "Garibaldi e Mentana" ed. Balzanelli-Comune, 1982.
- Sollecitazioni anche finanziarie alla popolazione perché insorgesse riscossero scarsissimo seguito e nessun reale risultato.
- Fondamentale l’apporto francese nel 1859 per la vittoria contro l’Austria nella 2^ guerra per l’indipendenza. (P. PIERI - Storia militare del Risorgimento - Torino, Einaudi 1962).
- La Convenzione sottoscritta il 15 settembre 1864 prevedeva l’impegno italiano a non invadere lo Stato pontificio (A. Battaglia: La capitale contesa. Firenze, Roma e la Convenzione di settembre (1864) – Roma - Nuova Cultura).
- In seguito alla Convenzione con la Francia del settembre 1864 fu deciso, dopo aver scartato Napoli, il trasferimento della capitale a Firenze. La decisione fu accolta a Torino, allora capitale, con disordini il 21 / 22 settembre e violenti tumulti il 30 gennaio dell’anno seguente che, repressi con la forza delle armi, produssero tra i manifestanti un terribile bilancio di 52 morti e 187 feriti cioè più dei caduti per la “presa di Roma”. Il 3 febbraio il re si trasferì a Firenze nella residenza di Palazzo Pitti mentre il nuovo Parlamento si insediò il 18 novembre, la camera dei deputati a Palazzo Vecchio e il Senato agli Uffizi. A Firenze in breve si trasferiscono tutti gli uffici preposti al funzionamento della macchina burocratica statale con un esodo che supera le 30mila unità. (A. Battaglia - La capitale contesa. Firenze, Roma e la Convenzione di Settembre (1864) - Roma Nuova Cultura, 2013).
- A fine luglio furono mobilitate al confine con il Lazio le brigate “Reggio” e “Sicilia” mentre a sud si posizionò la “Savona”, schieramento completato poi con un Corpo d’armata stanziato tra Orvieto e Rieti. Le direttive del Governo richiamavano ad una presunta salvaguardia del potere pontificio. Difatti l’ordine a Cadorna fissava in 3 punti le finalità operative: 1. Mantenere inviolata la frontiera degli stati pontifici da qualunque tentativo d'irruzione di bande armate che tentassero di penetrarvi - 2. Mantenere l'ordine e reprimere ogni moto insurrezionale che fosse per manifestarsi nelle provincie occupate dalle divisioni poste sotto a' di Lei ordini - 3. Nel caso in cui moti insurrezionali avessero luogo negli stati pontifici, impedire che si estendano al di qua del confine. Il dispaccio concludeva con “La prudenza e l'energia altra volta da Lei dimostrata in non meno gravi circostanza, danno sicuro affidamento, che lo scopo che il governo si propone, sarà pienamente raggiunto”.
- D. Barjot- J.P. Chaline – A. Encravé: Storia della Francia nell'Ottocento, Bologna, Il Mulino, 2003.
- Corpo costituito con comando di stanza a Terni da dove il Luogotenente Gen. Cadorna emanò l’11 settembre il proclama con cui iniziò la campagna militare.
- Alle 9 del mattino del 12 settembre l’artiglieria da campagna aprì il fuoco sulla fortezza e sulle mura di Civita Castellana mentre una compagnia di bersaglieri, seguita da un battaglione di fanteria, aggirando la città riuscì a entrarvi. Poco più di un’ora dopo, la fortezza si arrese e lo scontro terminò con un bilancio di 7 feriti tra gli assalitori e 3 tra i difensori. (S. Tomassini: La battaglia di Civita – La Repubblica 12 settembre 2020).
- Il piano di attacco prevedeva che le divisioni Cosenz e Mazè attaccassero a nord Porta Salaria e Porta Pia, per l’azione principale, mentre le forze di Angioletti e Ferrero agissero rispettivamente contro Porta San Giovanni e le porte San Lorenzo e Maggiore lasciando a Bixio l’azione di disturbo a ovest, verso Porta San Pancrazio.
- Alle ore 10 del 16 settembre la piazzaforte di Civitavecchia capitola senza opporre resistenza alle soverchianti truppe di Bixio in fama di “attila distruttore” che il giorno innanzi aveva imposto resa incondizionata con un ultimatum dal tono inequivocabile: “Ho dodicimila uomini di terra, dieci corazzate, cento cannoni sul mare. Per la resa non accordo un minuto di più di ventiquattro ore altrimenti domani mattina si chiederà dove fu Civitavecchia”.
- Cadorna lamentò la presenza di una pletora di personalità e giornalisti fra cui Arbib, Pesci e poi l’on. Cucchi, il conte Arrivabene, il Marchese Guiccioli, il barone Blanc e ancora una quantità di emigrati impazienti di entrare per primi a Roma al seguito di truppe che non potevano non portare a termine l’auspicato obiettivo. (R. Cadorna – la Liberazione di Roma – Torino 1889).
- A parte qualche luogo dominante come Castel Sant’ Angelo e le mura della città leonina, peraltro esclusa dall’attacco per opportunità politica, Roma poteva in nessun caso opporre una difesa prolungata: le mura costruite per difendere la città da assedi di altri tempi non erano idonee per i fucilieri e prive di piattaforme per i cannoni e Porta Pia lo spessore del muro non superava il metro.
- Il 1º novembre 1870 Pio IX emanò l'enciclica “Respicientes ea” che denunciava come "ingiusta, violenta, nulla e invalida" l'occupazione.
- Il cannoneggiamento iniziò contro Porta San Giovanni, i Tre Archi e Porta San Lorenzo alle ore 5:15 e contro porta S. Pancrazio alle ore 6:00. La risposta pontificia dal Gianicolo fu inconsistente e alle ore 7:00 le mura tra Porta Salaria e Porta Pia cominciarono a cedere generandosi in pochi minuti un varco che dovette essere sgomberato dai detriti per consentire il passaggio degli italiani alle ore 9:30. Seguì una brevissima e formale resistenza dei soldati e volontari pontifici, guidati dal comandante Hermann Kanzler, che si arresero poco dopo. Sul terreno si contarono 48 italiani e 29 pontifici. Altre fonti citano cifre differenti anche “32 morti e 143 feriti tra gli italiani, 15 morti e 68 feriti tra i papalini”. Comunque sempre in numero maggiore tra le truppe italiane.
- A. Battaglia – L’Italia senza Roma. Manovre diplomatiche e strategie militari (1865-1870) – Roma – Aracne 2015. Dal Plebiscito di domenica 2 ottobre la vittoria inequivocabile dei sì con ben 77.520 contro 857 no per la Provincia di Roma e nell’intero territorio annesso 133.681 contro 1.507.
- Regio Decreto n. 5903 del 9 ottobre 1870.
- Legge n. 33 del 3 febbraio 1871.
- Due lettere dirette a Iesi e S. Quirico affrancate con cent. 20 emessi dallo Stato Pontificio partirono da Uffici Postali diversi come si desume dalle differenze degli annullatori. (1870 Da Mentana a Porta Pia – POSTA CIVILE - AISP - Zanaria, 2020 - pag. 196 / 7). Altra affrancata con valore postale italiano annullato con timbro di POSTA MILITARE in dotazione alla XI Divisione riporta a vuoto il timbro di ufficio postale pontificio. (1870 Da Mentana a Porta Pia op. cit. POSTA MILITARE - pag. 142 / 3).
- Il servizio postale civile, importantissimo perché all’epoca unico mezzo di comunicazione amministrativa, commerciale, privata, etc. fu immediato oggetto d’attenzione e difatti il 20 settembre Cadorna rese noto che “il Governo del re, onde assicurare unità direttiva a tutti i servizi governativi, lo aveva incaricato di esercitare, oltre la superiore autorità militare, anche l’alta sopraintendenza sulle autorità politiche ed amministrative della Città e Provincia di Roma, ed aveva messo alle sue dipendenze i servizi di pubblica sicurezza, dei telegrafi e della posta” (F. Ceccarelli - 1870 Il servizio di Posta Militare nella Campagna per l’occupazione di Roma e il passaggio dei servizi postali dall’amministrazione pontificia a quella italiana – In: FILATELIA Raybaudi Ed. 1962 n. 5 pag. 5).
- Scrive F. Ceccarelli, studioso del particolare argomento: “La partenza delle corrispondenze era venuta riducendosi per l’avvicinarsi dell’esercito italiano, e per la stessa ragione il loro arrivo era quasi venuto a cessare. Ma, avvenuta la occupazione della città, si dovette necessariamente provvedere alla riattivazione dell’importante servizio” (F. Ceccarelli - Il passaggio dei Servizi Postali della Capitale dal Governo Pontificio a quello Italiano – In: FILATELIA Raybaudi Ed. 1963 n. 7 pag. 7).
- POSTA DELLA STORTA frazione di Roma sulla Cassia occupata il 15 e da dove il 17 si era spostato il quartier Generale insediandosi a Villa spada alla sinistra del Tevere.